Grandi novità introdotte dal decreto Rilancio, lo sconto in fattura e la cessione del credito sono diventate due opzioni per sfruttare l’agevolazione al 90% senza affidarsi alla detrazione sul proprio IRPEF
Ispirato dalla legge francese Malraux, il Bonus Facciate 90% è stato introdotto con la legge di Bilancio 2020 con l’obiettivo favorire gli interventi di recupero o restauro delle facciate degli edifici.
Entrato in vigore a partire dal 1° gennaio 2020, prevede la detraibilità al 90% dall’imposta lorda delle spese documentate e sostenute nel corso dell’anno, senza alcun limite (a differenza del Superbonus 110%), per gli interventi edilizi volti al miglioramento degli involucri murari degli immobili. Fra i lavori ammessi, sono inclusi quelli di manutenzione ordinaria, come la ritinteggiatura, come anche interventi più performanti come le facciate ventilate. Oltre alle facciate, la misura impatta anche balconi, ornamenti e fregi presenti all’esterno.
Dopo la proroga, statuita con la legge di Bilancio 2021, il Bonus al 90% interessa tutte le spese sostenute dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2021. Attualmente rimane incerto il suo futuro, dando purtroppo spazio a dichiarazioni contradditorie e spesso non verificate.
Durante l’estate scorsa il decreto n. 34/2020 chiamato anche decreto Rilancio, convertito nella legge n.77/2020, ha esteso ai beneficiari del Bonus Facciate la possibilità di scegliere, oltre che per la fruizione diretta della detrazione, anche per la cessione del credito corrispondente o per lo sconto in fattura, anticipato dal fornitore e da quest’ultimo riscattato sotto forma di credito d’imposta da usare in compensazione con F24 o, in alternativa, da cedere a terzi (banche e intermediari finanziari, in primis).
Nella sua modalità più classica, il Bonus Facciate può esser fruito sotto forma di detrazione IRPEF, in dichiarazione dei redditi, da ripartita in 10 quote annuali costanti e di pari importo a partire dall’anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi. Questa strada naturalmente non è percorribile per gli incapienti, ovvero soggetti a basso reddito e che per questo non pagano l’IRPEF.
I beneficiari della detrazione possono anche optare:
La differenza fra le due formule, cessione del credito e sconto in fattura, non è proprio immediata. Possiamo dire che mentre nello sconto in fattura il beneficiario paga in parte o anche non paga in assoluto (sconto in fattura al 100% dell’importo speso) il costo dei lavori realizzati dalla società fornitrice, col la cessione del credito avviene un vero e proprio trasferimento della detrazione fiscale da parte del contribuente all’indirizzo di un ente terzo (fornitori di beni, esercenti di attività autonome, banche, società, ecc.) in cambio del rimborso.
In base a quanto precisato dal provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n.283847 dell’8 agosto 2020, la scelta fra cessione e sconto si può effettuare:
In più, l’opzione per la cessione del credito può essere esercitata anche per le rate residue non fruite delle detrazioni inerenti spese sostenute nel 2020 e nel 2021: quindi, per esempio, chi ha realizzato gli interventi edilizi e affrontato le spese l’anno scorso, può detrarre una quota dalla dichiarazione dei redditi, cedendo la restante parte sotto forma di credito d’imposta ad altri.