L’industria delle costruzioni guarda al futuro con ottimismo ma per continuare a crescere anche nel 2022 ha bisogno di oltre 260mila lavoratori. Come mai l’edilizia non è più un settore capace di attrarre talenti?
L’edilizia è una delle poche filiere che, anche grazie agli importanti stimoli fiscali del Bonus Facciate 90% e del Superbonus 110%, ha saputo reagire alla crisi economica causata dalla pandemia, mantenendo quasi indenne i livelli occupazionali degli anni precedenti, come ha rilevato l’Istat. Eppure, già durante l’estate, era emersa nel dibattito pubblico la difficoltà di reperimento di manodopera edile. Il Bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal, stimava che gli operai specializzati addetti alle rifiniture delle costruzioni erano introvabili nel 60,6% dei casi. Ora, quasi a fine dell’anno, l’allarme è lanciato direttamente dal presidente dell’Associazione Nazionale Costruttori Italiani, Gabriele Buia: “Il settore edile necessita di almeno 265 mila nuovi occupati specializzati da immettere velocemente nelle costruzioni altrimenti rischiamo di fermare i cantieri.” Intervistata a Radio Lombardia durante la rubrica di Wikimilano-Protagonisti metropolitani, Regina De Albertis, presidente di Assimpredil Ance (associazione delle imprese edili di Milano, Lodi, Monza e Brianza), ha mandato un accorato messaggio: “Voglio fare un appello soprattutto ai giovani perché si riavvicinino a quei mestieri e lavori tipici che hanno fatto grande l'Italia ma verso cui oggi c’è una dannosa grande disaffezione.” A fronte di un’alta disoccupazione, attestata intorno al 9%, come mai è così difficile assumere manodopera nell’edilizia? Secondo molti esperti si tratta di una tendenza generalizzata, tutta occidentale, alimentata dal cambio di priorità vissuto dai lavoratori durante la pandemia. Nel mondo costruzioni, in particolare, il tema della sicurezza e quello salariale sono sempre stati forti deterrenti all’appetibilità del comparto. Proviamo a capire quali possano essere le ragioni di questa disaffezione, per usare le parole di De Albertis.
Per conto della Società Svizzera Impresari Costruttori, l’istituto di ricerche di mercato DemoSCOPE ha condotto un sondaggio su un campione di quasi 900 persone (ragazzi di età compresa tra i 13 e i 15 anni e i loro genitori) per indagare come viene percepito il lavoro nel settore edile.
In generale, gli intervistati riconoscono l’edilizia come un’attività utile, che partecipa al benessere della comunità. Ma è molto radicata l’idea chi lavora nelle costruzioni svolge un lavoro faticoso, fisico e pericoloso. Per molti, il mondo edile è limitato al cantiere e a ruoli professionali di basso profilo. C’è ben poca conoscente, per i non addetti, dei diversi mestieri possibili (non solo artigianato e al lavoro pratico) come del reale iter di processo di un progetto. Altro punto dolente è la prevalenza maschile: il settore è considerato principalmente appannaggio degli uomini. La ricerca sottolinea come una cultura dei cantieri caratterizzata da un rapporto di genere più equilibrato avrebbe un effetto positivo sull’attrattività della filiera. Il presidente dell’Ance Trento, Andrea Basso, ha commentato così lo scollamento fra realtà e immaginario nelle costruzioni: “Il cantiere è associato ad un lavoro faticoso, nella polvere, ma noi non siamo più i muratori con la carriola ed il secchio: ci sono gru che vengono comandate da sofisticati software e, anche se resta un lavoro manuale, è bello e vario, e servono competenze avanzate.” Non a caso la Construction 2050 Alliance, realtà che riunisce 46 associazioni europee del settore delle costruzioni, ha indicato fra le istanze presentate ai policymaker Ue l’avvio di iniziative di sensibilizzazione per promuoverne l'attrattività tra giovani, donne, migranti e professionisti provenienti da altri settori con competenze rilevanti per le nuove attività di costruzione.
Il Decreto interministeriale del 16 ottobre 2020 mette in chiaro settori e professioni caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna: per le costruzioni si parla di un tasso di disparità uomo-donna del 83,6%. In base alle ultime statistiche Eurostat, l’Italia ha un numero di laureate nel macrosettore Engineering, manufacturing and construction più elevato rispetto alla media europea. Il problema del gender gap non è tanto inerente al livello di istruzione ma quanto salariale e di inclusione nel mercato di lavoro.
Il Consiglio Nazionale Ingegneri, con l’annuale rapporto del Centro Studi, ha attestato che l’incremento degli iscritti all’albo registrato nel 2021 è dovuto principalmente alla crescita della componente femminile. Ma di contro, non si registra un adeguato ricambio generazionale.
Intanto, per diminuire il gender gap, l’Unione europea, il governo e le associazioni di categoria stanno promuovendo piani d’azioni volti a eliminare le barriere culturali che penalizzano le donne nelle costruzioni.