Milei trionfa in Argentina: quale sarà il nuovo corso?

In Argentina, tutti gli occhi sono puntati sulla politica cambiaria che il presidente Javier Milei adotterà dopo il suo trionfo elettorale.

È stata una vittoria schiacciante per il presidente Javier Milei, così è stato riportato dai media internazionali a seguito delle elezioni di metà mandato di domenica scorsa. I mercati finanziari hanno risposto positivamente il giorno successivo. Si osserva che il nuovo Congresso, caratterizzato da un forte spirito riformista, è il più progressista mai visto nella storia argentina. Questo rappresenta un’opportunità significativa per il governo di Milei, che ora ha la possibilità di portare avanti con più determinazione le riforme che in precedenza rischiavano di essere ostacolate dalle opposizioni. Tuttavia, la questione che rimane sul tavolo da domenica sera riguarda il futuro della politica dei tassi di cambio in Argentina.

Potenziale nuova deprezzamento

Dal mese di aprile, il paese adotta un regime di cambio semi-flessibile, che permette al dollaro di variare tra una forchetta di 1.000 e 1.400 pesos. Tuttavia, nelle ultime settimane, questo intervallo è stato superato al rialzo. Prima delle elezioni, il tasso di cambio ufficiale era di 1.492 pesos per dollaro, mentre quello del mercato nero era a 1.510. Ieri, i tassi si sono apprezzati rispettivamente del 3,95% e del 3%, raggiungendo 1.433 e 1.465. Anche la Borsa di Buenos Aires ha registrato un’ottima performance, con l’indice Merval che ha visto un incremento del 21,77%. Anche il mercato obbligazionario ha mostrato risultati eccellenti, con il bond sovrano in euro con scadenza nel 2035 che ha guadagnato il 9,76% e quello con scadenza nel 2038 che ha aumentato del 22,7%.

Il tasso di cambio in Argentina è considerato sovravvalutato da molti analisti, anche se è vero che il tasso del mercato nero è solo leggermente inferiore a quello ufficiale. Milei ha cercato di controllare la situazione per evitare un’escalation dell’inflazione. Tuttavia, a lungo termine, ciò potrebbe danneggiare le esportazioni e rendere l’economia meno competitiva.

Per questa ragione, è probabile che si proceda con una seconda svalutazione, dopo quella del 54% avvenuta nel dicembre del 2023, quando Milei ha assunto la presidenza. Questa volta, tuttavia, l’impatto dovrebbe essere meno drastico.

Nuove riforme e il tramonto del peronismo

Alcuni ritengono che non sarà necessario deprezzare ulteriormente il peso, a condizione che l’Argentina porti a termine le riforme necessarie, soprattutto in ambito lavorativo e pensionistico. Rendere il mercato del lavoro più flessibile e le pensioni meno onerose per lo Stato potrebbe attrarre capitali stranieri, rafforzando così il peso argentino e mantenendolo all’interno della banda stabilita in primavera.

La gestione della politica cambiaria sarà cruciale per determinare il successo o il fallimento del mandato di Milei. Gli elettori hanno dimostrato di comprendere la necessità dei sacrifici fatti, abbandonando il peronismo, anche nelle aree più disagiate. Credono che le riforme orientate al mercato potrebbero risollevare l’economia dal lungo periodo di crisi. È fondamentale evitare gli errori dei predecessori liberisti come Carlos Menem negli anni ’90 e Mauricio Macri negli anni 2010, che, nonostante le intenzioni riformiste, hanno fallito nella gestione del cambio.

Verso un regime di cambio più flessibile in Argentina?

Se il clima positivo attuale si mantiene, potrebbe non essere necessario ricorrere ai 40 miliardi di dollari tra swap e prestiti statunitensi.

Questo perché tali fondi sarebbero stati impiegati per prevenire il crollo della valuta in prossimità delle elezioni. Se dovessero emergere problemi, Milei potrebbe non voler difendere a tutti i costi un tasso di cambio irreale, avendo comunque due anni per preparare i cittadini a questa eventualità e aspirare a un secondo mandato.

giuseppe.timpone@investireoggi.it 

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