Comunemente note come chiese rupestri, il termine più accurato per descriverle sarebbe chiese monolitiche, poiché sono letteralmente intagliate da un unico masso di roccia: riferimento alle chiese monolitiche di Lalibela, in Etiopia.
Accomodiamoci a scoprire la loro affascinante storia e le leggende che avvolgono la loro costruzione.
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Ubicazione delle chiese monolitiche di Lalibela
Le chiese scolpite nella roccia, undici in totale, sono situate sugli altipiani occidentali dell’Etiopia, in una regione popolata dagli Amhara e prossime alla città di Lalibela, da cui prendono il nome.
Il sito archeologico, posto a 2600 metri di altitudine, è suddiviso in tre sezioni:
- la chiesa di Biete Giorgis;
- il gruppo nord-occidentale con Biete Medhane Alem, Biete Meskel, Biete Maryam, Biete Golgotha Mikael e Biete Denagel, tutte collegate tramite trincee e tunnel;
- il gruppo sud-orientale che include Biete Gabriel-Rufael, Biete Amanuel, Biete Qeddus Mercoreus, Biete Lehem e Biete Abba Libanos, anch’esse interconnesse da tunnel.
La città di Lalibela e la dinastia Zagwe
Il nome della città deriva dal re Gebre Mesqel Lalibela, membro della dinastia Zagwe. In precedenza, il luogo era noto come Roha. Fu proprio lui a commissionare la costruzione delle chiese nel periodo tra il XII e il XIII secolo.
L’intento originario era quello di ricreare la città santa di Gerusalemme; ancora oggi, rappresenta un importante luogo di pellegrinaggio per i fedeli dell’ortodossia etiope.
La leggenda di Lalibela
Dopo la caduta del regno di Aksum nel 960, iniziò per l’Etiopia un’era di oscurità che terminò con l’ascesa al trono di Gebre Mesqel Lalibela nel 1181. Il nuovo sovrano era destinato a grandi cose.
Secondo la leggenda, alla sua nascita fu immediatamente circondato da uno sciame di api che tuttavia non lo punsero, segno del suo futuro regno. Il suo fratello Habrav, invidioso, tentò di avvelenarlo. Gli angeli intervennero salvandolo e portandolo in cielo, dove gli furono mostrate delle costruzioni che doveva replicare sulla terra.
Una volta re, iniziò la costruzione delle chiese. Si narra che in soli 24 anni gli angeli continuarono di notte il lavoro svolto dagli uomini di giorno, rendendo possibile la realizzazione di queste straordinarie strutture scolpite da un unico blocco di roccia.
I viaggiatori portoghesi che hanno rivelato Lalibela
Nel XVI secolo, i coraggiosi esploratori portoghesi arrivarono in questi remoti altopiani, dove l’accesso non era semplice come oggi. La città sacra era isolata e per raggiungerla era necessario viaggiare due giorni a dorso di mulo. Furono proprio loro a divulgarne l’esistenza all’Europa.
Il primo a descriverle fu padre Francisco Álvares, che accompagnava una spedizione inviata da Emanuele I di Portogallo nel 1520 per stabilire una base in Etiopia come appoggio per i lunghi viaggi verso l’India.
Nel corso di una delle sue esplorazioni, padre Francisco visitò le chiese di Lalibela e le descrisse nel suo libro Verdadeira informação das terras do Preste João.
L’architettura delle chiese monolitiche
Oltre al loro significato religioso, ciò che colpisce è l’architettura di queste chiese, unica nel suo genere.
Utilizzando martelli e scalpelli, i costruttori iniziarono scavando lunghe trincee per poi procedere con la realizzazione della struttura della chiesa, lavorando dall’alto verso il basso, fino a creare un’impressionante fossa nella quale emerge la chiesa scolpita nella roccia. Molte di queste sono anche ornate con bassorilievi e modanature.
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Marco Bianchi è un rinomato analista e scrittore nel campo immobiliare, con una profonda conoscenza del mercato italiano. Laureato in Economia Immobiliare all’Università di Bologna, vanta oltre vent’anni di esperienza, durante i quali ha collaborato con prestigiose agenzie immobiliari, offrendo strategie d’investimento vincenti. Autore di articoli influenti e di un libro sull’investimento immobiliare, Marco si dedica a condividere la sua esperta visione del settore, fornendo analisi dettagliate e consigli pratici ai nostri lettori.