Le tasse e le imposte sono essenziali per finanziare i servizi pubblici forniti dalle autorità locali. Alcune di queste tasse, come quelle legate alla gestione dei rifiuti, ovvero la Tarsu e la Tari, subiscono modifiche e aggiornamenti periodici.
Nonostante non siano identiche, una rappresenta l’evoluzione dell’altra, offrendo due prospettive differenti in termini di sostenibilità ambientale e di strategie di gestione dei rifiuti domestici. Vediamo più nel dettaglio.
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Cosa è la Tarsu e esiste ancora?
La Tarsu, acronimo di “Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani”, è stata un imposta introdotta nel 1993 tramite il Decreto Legislativo numero 507. Era utilizzata dai Comuni per finanziare la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti urbani, basandosi sulla superficie calpestabile degli immobili.
Tuttavia, la Tarsu è stata sostituita dalla Tari (Tassa sui Rifiuti) nel 2014, introdotta dalla Legge di Stabilità del 2013. Questo rappresenta un cambiamento significativo nel sistema di tassazione dei rifiuti, con la Tari che mira a un approccio più flessibile e aderente al principio di “chi inquina paga”.
Tarsu e Tari sono identiche?
La Tari è l’evoluzione della Tarsu, quindi non sono la stessa cosa. Pur avendo l’obiettivo comune di finanziare il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani e domestici, esistono importanti differenze.
Quali sono le differenze tra Tari e Tarsu?
Tarsu e Tari sono due sistemi distinti per la gestione della tassazione dei rifiuti, ciascuno con un approccio diverso alla sostenibilità ambientale e alle pratiche domestiche. Ecco le principali differenze:
- Base di calcolo: La Tarsu si basava unicamente sulla superficie degli immobili, ignorando la quantità effettiva di rifiuti prodotti. Al contrario, la Tari considera sia la superficie che il numero di occupanti delle abitazioni, permettendo un calcolo più proporzionale alla produzione effettiva di rifiuti.
- Gestione finanziaria: Con la Tari, i Comuni godono di maggiore autonomia nella definizione delle tariffe e delle normative, seguendo criteri di equità e sostenibilità economica.
- Struttura della tariffa: La Tarsu aveva una tariffa unica basata sui metri quadrati calpestabili, mentre la Tari include una quota fissa, relativa ai costi del servizio, e una quota variabile, basata sulla quantità di rifiuti prodotti.
- Modalità di riscossione: La Tarsu utilizzava principalmente cartelle esattoriali, mentre la Tari si paga attraverso metodi più moderni e digitali, come F24 o PagoPA, garantendo maggiore trasparenza nel processo di tarificazione.
- Finalità: La Tarsu era basata principalmente sull’occupazione di spazi che potenzialmente potevano generare rifiuti, mentre la Tari è un’imposta più complessa che tiene conto anche delle abitudini di smaltimento e della quantità di rifiuti realmente prodotti.
- Esenzioni e agevolazioni: La Tari offre un sistema più dettagliato di agevolazioni, includendo riduzioni per le famiglie che praticano il compostaggio o per abitazioni con un solo occupante.
In sostanza, Tari e Tarsu rappresentano due concezioni differenti di gestione dei rifiuti e di approccio alla sostenibilità ambientale:
- Con la Tarsu si pagava in base alla superficie.
- Con la Tari, chi produce più rifiuti paga di più.
Evoluzione futura della Tari
La Tari rappresenta un’evoluzione nel sistema di tassazione dei rifiuti e continuerà a evolversi, adattandosi alle politiche economiche e ambientali. Dal 2025 sarà introdotta la Tari a tariffa puntuale, che premia chi produce meno rifiuti non riciclabili, promuovendo un’economia sempre più circolare.
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