La parola chiave utilizzata è stata “prudenza”. Durante la conferenza stampa, Christine Lagarde ha giustificato la decisione della Banca Centrale Europea (BCE) di abbassare nuovamente i tassi di interesse di un quarto di punto percentuale, per la settima volta. Coloro che speravano in una riduzione più marcata sono rimasti delusi. È stato rimosso dal comunicato il termine che descriveva la politica monetaria come “ancora restrittiva”. La presidente francese ha sottolineato che tale descrizione non è più appropriata, poiché “è essenziale ora concentrarsi sui dati” e che questi indicano “la meta e non il percorso”, che mira a stabilizzare l’inflazione al 2%. Nonostante ciò, dal suo intervento è emersa chiaramente la preoccupazione per un possibile scenario deflattivo nell’Eurozona nel prossimo futuro.
Focus della BCE su dazi e riarmo
La decisione, presa ieri “all’unanimità”, ha generato ampi dibattiti all’interno della BCE, come ha riferito Lagarde, aggiungendo che “discutiamo su tutto”. La presidente anticipa che a giugno ci saranno più elementi per prendere decisioni informate. Due saranno i temi sotto osservazione: le condizioni di un possibile accordo commerciale tra UE e USA (e altri) riguardo i dazi, e la politica fiscale del futuro governo tedesco, in particolare riguardo al riarmo tedesco.
Questi due fattori saranno decisivi per determinare se il rischio di deflazione, non esplicitamente menzionato né nel comunicato né durante la conferenza, possa materializzarsi. Oppure, se al contrario, potrebbe esserci un rischio di inflazione crescente dopo il calo al 2,2% registrato a marzo nell’Eurozona. Tuttavia, come affermato da Lagarde ieri, sembra prevalere la preoccupazione che i prezzi al consumo nell’area possano diminuire piuttosto che aumentare. Ha esplicitamente citato quattro fattori: l’apprezzamento dell’euro, il riarmo, il reindirizzamento delle merci in caso di tensioni commerciali e la diminuzione del valore delle materie prime, in particolare l’energia.
Un euro forte potrebbe moderare l’inflazione
Un tasso di cambio più forte dell’euro riduce i costi delle importazioni e, di conseguenza, tende a ridurre anche i prezzi al consumo. Il tasso di cambio euro-dollaro è aumentato da 1,05 a quasi 1,15 in pochi mesi, con un’impennata nelle ultime sessioni a seguito dell’annuncio dei dazi americani. Mai come ora l’euro è stato così forte rispetto alle principali valute mondiali. Al contrario, il riarmo potrebbe stimolare l’economia europea, incrementando la domanda interna e quindi supportando l’inflazione. Inoltre, c’è il rischio che i paesi colpiti dai dazi americani più elevati (come Cina, Vietnam, ecc.) possano deviare le loro esportazioni verso altri mercati, inclusa l’Europa. Ciò potrebbe provocare uno shock (espansivo) dell’offerta, inondando il mercato di prodotti a basso costo.
L’impatto negativo delle tensioni commerciali sui prezzi delle materie prime, come petrolio e gas, è un’altra preoccupazione. In conclusione, secondo le osservazioni di Lagarde, tre dei quattro elementi analizzati suggeriscono una possibile riduzione dell’inflazione, se non un diretto rischio di deflazione.
Il rischio di deflazione suggerisce un possibile taglio dei tassi a giugno
Questo è il motivo per cui la BCE ha posticipato decisioni più incisive a giugno, periodo in cui avrà una visione più chiara della situazione. Il pericolo di deflazione inclina verso un ulteriore taglio dei tassi in quel momento. La riduzione potrebbe essere anche doppia, arrivando allo 0,50%, se il rischio fosse considerato elevato e imminente. Più che il calo dei prezzi in sé, forse temporaneo, a Francoforte preoccupano le possibili conseguenze per l’economia dell’area. Una diminuzione dei prezzi potrebbe influenzare negativamente i consumi, aggravando la debolezza congiunturale e potenzialmente causando una recessione. Inoltre, avrebbe ripercussioni sui conti pubblici, limitando la capacità dei governi di investire nel riarmo e di rispondere ai dazi con misure di stimolo al PIL. In sostanza, la BCE vuole evitare di rendere l’area euro vulnerabile in un contesto globale di tensioni.
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