Il presidente Donald Trump è ossessionato, ma l’oggetto della sua ossessione non sono i dazi, bensì i tassi di interesse. Da giorni, se non settimane, osservatori da tutto il mondo si chiedono con perplessità e incredulità qual è la reale finalità del magnate. Per quale motivo gli Stati Uniti dovrebbero voler innescare una guerra commerciale che inevitabilmente non produrrà vincitori e che potrebbe avere effetti negativi almeno nel breve termine? Esistono molte teorie, una spiegazione plausibile è che Trump desideri riportare in patria la produzione industriale persa durante i decenni di globalizzazione, mantenendo così la promessa elettorale fatta ai suoi elettori MAGA. Questo è un obiettivo a lungo termine. Tuttavia, c’è un’urgenza che si chiama debito.
Il debito: un ostacolo colossale per Trump
Quest’anno, negli USA, scadranno titoli del debito per un valore di 9.200 miliardi di dollari. A questa impressionante cifra, che rappresenta il 31% del totale del debito emesso e in circolazione nei mercati, si aggiungono circa 2.000 miliardi di nuove emissioni previste. Il problema è evidente: Trump deve gestire un debito, tra vecchio e nuovo, di circa 11.000 miliardi in un solo anno. E tutto ciò mentre i rendimenti al momento del suo insediamento a gennaio erano al 5%, e la Federal Reserve aveva sospeso il taglio dei tassi d’interesse a causa di un’inflazione ancora superiore al target del 2%.
La ricerca di asset sicuri
Come può essere invertita la tendenza dei rendimenti e favorito un abbassamento dei tassi? Creando un clima di recessione. Potrebbe sembrare un paradosso, ma non lo è. Per evitare una crisi del debito, Trump punta a una crisi controllata dell’economia, scatenata dal crollo del mercato azionario.
Un crollo che può essere considerato salutare, poiché il mercato azionario americano è gonfiato da tempo. Gli USA non hanno sperimentato una recessione dal 2009, fatta eccezione per la pandemia, che è stata un evento al di fuori delle dinamiche economiche. Una crescita estesa e senza precedenti, sostenuta dal deficit di spesa pubblica. Insostenibile. Lo scorso anno, lo stato americano ha speso il 6,7% del PIL in più rispetto a quanto incassato. E quella era considerata un’annata economica positiva, immaginate in tempi peggiori.
I dazi stanno causando crolli nei mercati e hanno innescato una corsa verso gli “asset sicuri”, includendo i Treasuries. I loro rendimenti stanno crollando lungo tutta la curva delle scadenze. Il rendimento dei titoli decennali è sceso sotto il 3,90% dal 4,80% di metà gennaio. Attualmente, il mercato prevede 4-5 tagli dei tassi da parte della FED, mentre fino a pochi giorni fa ne prevedeva appena uno. Non è certo che il presidente Jerome Powell accoglierà le sue richieste già a maggio, con un nuovo taglio. Il mercato del lavoro è ancora a pieno regime e l’inflazione a febbraio era vicina al 3%.
Rischio di recessione sui mercati
Tuttavia, il clima sui mercati è cambiato. Ora c’è un rischio concreto di recessione per l’economia americana. Rendimenti più bassi consentiranno a Trump di emettere debito a costi più contenuti. Inoltre, gli investitori, spinti dall’incertezza, saranno più inclini ad acquistare senza esitazioni.
In un contesto di ottimismo, sarebbe più difficile trovare una domanda sufficiente per assorbire le enormi quantità di debito a rendimenti accettabili. Quindi, ci troviamo di fronte a una manovra di distrazione creata appositamente per indirizzare i capitali verso dove sarebbe più vantaggioso, al fine di evitare che le finanze dello zio Sam mostrino segni di debolezza agli occhi del mondo.
Questo è il motivo per cui, con Elon Musk al timone del DOGE, Trump ha cercato fin dal primo giorno del suo mandato di indicare la ferma volontà di tagliare i rami secchi della pubblica amministrazione. Deve convincere i mercati della sua intenzione di ridurre la spesa pubblica per spingerli ad acquistare Treasuries a rendimenti più bassi. Poiché è improbabile che possa conseguire questo obiettivo dall’oggi al domani, ecco perché continua a insistere sui dazi, per offuscare la visione degli investitori e indirizzarli verso gli asset desiderati. Una strategia complessa, rischiosa e non priva di conseguenze.
Allarme debito per Trump
Trump è consapevole del problema debito da cui non può fuggire. Intende affrontarlo con metodi diretti, poiché quelli convenzionali richiederebbero anni e molto impegno politico per vedere i primi risultati. Tempo che non ha, visto che alla fine del prossimo anno ci saranno le elezioni di metà mandato. Deve presentarsi a quell’appuntamento con una crisi alle spalle, non come una minaccia imminente, e senza il peso dei tassi di interesse che gravano sullo stato e su milioni di famiglie americane che fanno i conti con mutui e prestiti. A proposito, i tassi dei mutui trentennali sono già scesi dall’oltre 7% di gennaio a meno del 6,65%. Siete davvero sicuri che i dazi siano la preoccupazione principale per molti di coloro che vivono “cheque to cheque”?
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