Si prevedeva un inizio diverso con la nuova amministrazione statunitense. Tuttavia, da febbraio, Wall Street ha registrato un calo superiore al 6% rispetto ai picchi precedenti, e i tassi dei Treasuries sono diminuiti di mezzo punto percentuale rispetto a metà gennaio. Di recente, sono aumentati i dubbi sulla reale esistenza del cosiddetto “Trump put”. Già a marzo, Scott Bessent, segretario al Tesoro, aveva negato la sua esistenza, suggerendo che potrebbe essere stato un modo per temperare l’entusiasmo eccessivo sul mercato. La possibilità che sia stato sincero inizia a prendere corpo.
Il declino di Wall Street
Il termine “Trump put” deriva dalla terminologia finanziaria e suggerisce un intervento del presidente americano a protezione dei mercati in caso di difficoltà. Nel mercato delle opzioni, una put conferisce al detentore il diritto, ma non l’obbligo, di vendere un bene a un prezzo predeterminato entro una data specifica, proteggendosi così dal rischio di calo dei prezzi.
In sostanza, il “Trump put” rappresenterebbe una sorta di assicurazione che i mercati ritengono di avere contro il crollo degli indici azionari, grazie all’attenzione che il presidente ha mostrato per la borsa americana durante il suo primo mandato dal 2017 al 2021. Ogni qualvolta percepiva segnali di debolezza del mercato, annunciava misure per rinvigorirlo.
Un esempio fu nel 2018 quando esercitò pressioni sulla Federal Reserve per fermare l’incremento dei tassi di interesse, minacciando di licenziare il governatore Jerome Powell se non avesse agito di conseguenza. E Powell cedette.
Potenziale correzione del mercato da parte del governo USA?
La domanda sorge spontanea: accadrà lo stesso stavolta? I mercati, sottovalutando le minacce dell’amministrazione relative ai dazi, hanno creduto di sì, ma l’umore è mutato nelle ultime settimane. Diverse affermazioni di Bessent suggeriscono che la Casa Bianca potrebbe persino vedere di buon occhio una prossima recessione economica. L’economia statunitense è cresciuta negli ultimi anni grazie all’incremento del debito pubblico, una situazione ritenuta insostenibile. Anche le valutazioni delle azioni sono considerate eccessive, tanto che una loro riduzione sarebbe vista come “salutare” dal segretario al Tesoro.
Quindi, sembra che il “Trump put” non esista realmente, portando a una correzione del mercato. I tagli alla spesa federale proposti dal DOGE di Elon Musk potrebbero influire negativamente sui consumi e sulla crescita. Anche la Federal Reserve non sembra incline a soddisfare le richieste del governo per nuovi tagli ai tassi di interesse, dato che l’inflazione rimane alta e le aspettative economiche sono surriscaldate. Questa situazione ricorda un altro “put”, quello di Alan Greenspan, che fu governatore della Fed dal 1987 al 2006 e che interveniva a sostegno dei mercati in crisi.
Il “Greenspan put” è spesso citato come uno dei fattori scatenanti della grave crisi finanziaria del 2008-2009.
La fine dell’era del Trump put
La realtà è che molti dei problemi attuali dell’America derivano da una politica troppo accomodante nei confronti dei mercati finanziari, che hanno perso la capacità di valutare adeguatamente i rischi, confidando in un sostegno costante da parte del governo e della Fed. La situazione sta cambiando? È troppo presto per dirlo, ma sembra che i mercati abbiano mal interpretato la situazione riguardo al “Trump put”. Alcuni commenti sfavorevoli del presidente sembrano volti a moderare la borsa per prevenire livelli di quotazione eccessivamente elevati. È paradossale che ciò avvenga sotto la presidenza di un uomo d’affari, ma l’intento non sembra essere punitivo. La vittoria elettorale di novembre rispecchia più una reazione di Main Street contro Wall Street che altro.
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