Inflazione USA a giugno: impatti e previsioni sui mercati globali!

L’aumento dell’inflazione negli USA nel mese di giugno è stato superiore alle aspettative, sebbene non abbia raggiunto i livelli previsti dagli analisti. I mercati finanziari hanno reagito favorevolmente a questa notizia.

Il dato economico più atteso di questa settimana, pubblicato ieri dagli Stati Uniti, riguardava il tasso di inflazione americano per il mese di giugno. L’indice dei prezzi al consumo ha registrato un aumento del 2,7% nella principale economia mondiale, accelerando rispetto al 2,4% di maggio e raggiungendo il livello più alto da febbraio. Le aspettative erano per un incremento del 2,6%, ma queste sono state effettivamente raggiunte con un aumento mensile dello 0,3%. Per il dato core, che esclude energia e alimenti freschi, l’aumento è stato del 2,9%, leggermente superiore al 2,8% dei mesi precedenti e al di sotto delle previsioni del 3%.

Anche il dato mensile ha sorpreso al ribasso: +0,2% rispetto al +0,3% atteso.

Risposta positiva dei mercati al dato di giugno

La reazione dei mercati all’annuncio dell’inflazione di giugno negli Stati Uniti è stata favorevole. I rendimenti dei titoli di stato decennali del Treasury hanno mostrato un leggero calo attestandosi intorno al 4,40%, mentre i futures sugli indici di Wall Street hanno segnato un aumento. Anche in Europa, l’impatto è stato positivo, con i rendimenti sui titoli sovrani che sono rimasti inferiori rispetto alla chiusura della sessione precedente e con gli spread che si sono leggermente ridotti, indicando un aumento dell’appetito per il rischio tra gli investitori.

Previsti tagli dei tassi dalla FED

Qual è il significato di questa reazione? L’inflazione americana non modifica sostanzialmente il dibattito sui tassi di interesse. Tuttavia, è incoraggiante che, nonostante i dazi e il crollo del dollaro, l’incremento dei prezzi al consumo non sia stato così elevato come temuto. Negli ultimi tre mesi, questi sono aumentati dello 0,6%. Gli effetti delle tensioni commerciali si prevede che emergano nella seconda metà dell’anno; per ora, non c’è un clima di panico come quello visto all’inizio di aprile, quando il presidente Donald Trump annunciò una serie di dazi sulle importazioni dal resto del mondo.

Il mercato prevede che la Federal Reserve procederà con due ulteriori tagli dei tassi entro l’anno. Proprio ieri, prima della pubblicazione del dato sull’inflazione, il segretario al Tesoro, Scott Bessent, ha annunciato l’avvio del processo per la selezione del nuovo governatore. Jerome Powell, nominato da Trump nel 2018, è prossimo al termine del suo secondo mandato e non sembra probabile un rinnovo per un terzo quinquennio, data l’alta tensione tra lui e la Casa Bianca. Il presidente chiede un taglio immediato dei tassi fino all’1%, mentre Powell è cauto a causa delle incertezze generate dalla politica fiscale e commerciale statunitense.

Pochi effetti dell’inflazione sul dollaro

Il dollaro non ha mostrato grandi variazioni subito dopo la diffusione del dato sull’inflazione. Ha perso l’11% rispetto ai massimi di gennaio, un calo che aiuta a rafforzare la crescita dei prezzi al consumo oltre l’obiettivo del 2%. Mentre alcuni analisti iniziano a mettere in dubbio la solidità del dollaro come valuta di riserva globale, l’amministrazione Trump mira a deprezzarlo per stimolare le esportazioni. I tagli dei tassi, finora sollecitati senza successo, sono intesi a accelerare questa politica insieme all’aumento dei dazi.

Per Washington, l’obiettivo è che la crescita delle esportazioni preceda e superi quella dell’inflazione.

 

 

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