Secondo la recente ordinanza n. 23739 del 4 settembre 2024, l’amministratore del condominio è autorizzato dalla Cassazione a richiedere un rimborso ai condòmini che hanno pagato meno di quanto dovuto.

Il tema delle tabelle millesimali è tutt’altro che semplice, spesso al centro di dispute tra condòmini e amministratori di condominio. Approfondiamo la questione.


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Il caso

Il caso preso in considerazione è peculiare. Secondo il Codice civile (articolo 68 delle disposizioni attuative), i condòmini possono rettificare o modificare i valori delle tabelle millesimali solo all’unanimità. Tuttavia, nel caso trattato dalla Cassazione, la modifica dei valori millesimali è stata stabilita dal tribunale con sentenza.

Successivamente a questa sentenza, l’amministratore del condominio ha ricalcolato le spese condominiali, determinando le differenze a carico dei condomini che avevano pagato meno di quanto dovuto. La nuova distribuzione delle spese è stata poi ratificata dall’assemblea condominiale.

Un condòmino ha contestato la delibera; secondo lui, infatti, la sentenza che modifica le tabelle millesimali non permette di ricalcolare le spese per gli anni precedenti. A suo parere, il condominio non può richiedere il pagamento di somme aggiuntive rispetto a quelle già versate.

Secondo lui, la sentenza di modifica ha solo valore dichiarativo: per far sì che tali modifiche abbiano effetto per gli anni passati è necessario il consenso di tutti i condomini.

In contrasto con questa posizione, l’amministratore sostiene di aver agito correttamente, e ha intrapreso un’azione legale di arricchimento senza causa contro il condòmino, chiedendogli di restituire al condominio l’importo non pagato secondo le precedenti tabelle errate.

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La determinazione della Cassazione

I giudici sostengono che la sentenza che impone la revisione o la modifica delle tabelle millesimali ha natura costitutiva, e non solo dichiarativa. In altre parole, ciò significa che la sentenza è vincolante per tutti i condomini (come se fosse un accordo raggiunto all’unanimità dai condomini, sostiene la Cassazione) e ha effetto dalla data della sentenza definitiva, ovvero quando la sentenza non può più essere impugnata.

Di conseguenza, se un condòmino, prima della modifica delle tabelle millesimali, ha pagato quote condominiali inferiori a quelle dovute, perché calcolate in base a valori millesimali non corrispondenti al reale valore del suo appartamento, è obbligato a pagare la differenza al condominio.

Il risparmio ottenuto dal condòmino – affermano i giudici – corrisponde ad un “arricchimento senza causa” che il condòmino stesso deve restituire. Questi importi devono essere reintegrati nel fondo comune, pertanto l’amministratore del condominio ha il diritto di richiederne il pagamento e, se il condòmino si rifiuta, può agire per il risarcimento ai sensi dell’articolo 2041 del codice civile.