Nonostante il Decreto Salva Casa abbia eliminato alcune forme di piccole irregolarità edilizie, è importante chiarire che tale decreto non rappresenta un condono. Le disposizioni recentemente introdotte delimitano con maggior precisione ciò che è permesso e ciò che è considerato abusivo.
Per quanto riguarda le verande, il nuovo decreto legislativo non ha fornito indicazioni specifiche, lasciando invariata la normativa precedente con tutte le sue restrizioni e proibizioni. È quindi essenziale valutare attentamente l’intervento che si intende realizzare per evitare rischi, come quello accaduto a un condomino di un piccolo comune viterbese, al quale il TAR Lazio con la sentenza n° 13771 dell’8 luglio 2024, ha confermato la richiesta di demolizione del comune per un’opera che il proprietario aveva erroneamente classificato come pergotenda.
La pergotenda secondo il nuovo testo del Decreto Salva Casa
Dopo le modifiche apportate dal Salva Casa, a differenza del passato quando era sempre necessario un titolo abilitativo (nel caso specifico il proprietario aveva usato la CIL, ovvero la Comunicazione di Inizio Lavori), le pergotende rientrano ora nelle attività di edilizia libera, come esplicitamente indicato nella lettera b-ter) dell’art. 6, comma 1 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia):
“b-ter) le opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici la cui struttura principale sia costituita da tende, tende da sole, tende da esterno, tende a pergola con telo retrattile anche impermeabile, tende a pergola con elementi di protezione solare mobili o regolabili, e che sia addossata o annessa agli immobili o alle unità immobiliari, anche con strutture fisse necessarie al sostegno e all’estensione dell’opera”.
Distinzione principale tra veranda e pergotenda
Precisato ciò, nell’episodio in questione, l’opera è stata comunque erroneamente identificata come pergotenda, pur avendo tutte le caratteristiche e le funzioni di una veranda.
In particolare, l’opera realizzata ha comportato la posa di una struttura ancorata lungo tutto il perimetro del balcone, che fungeva da guida per la movimentazione verticale e l’avvolgimento di teli in PVC.
Inoltre, un ulteriore motivo di contestazione da parte del comune è stato il posizionamento del motore dell’impianto di condizionamento dell’aria sul lato nord ovest dell’edificio, che doveva essere rimosso in quanto visibile in un’area soggetta a vincoli paesaggistici.
La natura dei pannelli utilizzati nella chiusura
Tra gli argomenti utilizzati dal ricorrente per sostenere che l’opera realizzata fosse una semplice pergotenda volta solo a proteggere l’abitazione dagli agenti atmosferici, si trova la natura dei pannelli di chiusura.
I giudici hanno osservato che la chiusura dell’ambiente esterno “con pannelli autoavvolgenti in PVC trasparente, per analogia non differisce da una chiusura con ante e vetri e, quindi, costituisce un aumento non autorizzato di volumetria”. In altre parole, non sono motivi sufficienti per escludere che l’ambiente creato sia destinato a soddisfare esigenze temporanee, né la qualità dei teli utilizzati per la chiusura né il fatto che siano rimovibili.
Una veranda è tale anche senza isolamento termico e acustico
Nell’analisi dettagliata effettuata dai giudici, essi hanno continuato affermando che:
“Ciò che distingue la veranda e ne permette la classificazione come intervento di ristrutturazione edilizia – che richiede il rilascio del permesso di costruire – è la trasformazione di un elemento accessorio aperto in uno spazio chiuso; ciò, indipendentemente dalla possibile diversità dei valori termici, energetici o di isolamento acustico, che, anche se non coincidenti con quelli degli spazi abitativi originari, non impediscono di definire comunque un ambiente chiuso e quindi abitabile per la conformazione tecnica dell’opera e il risultato ottenuto dalla sua installazione (chiusura del balcone), anche se ciò è stimato avvenire solo in alcuni periodi dell’anno (in termini, Consiglio di Stato, sez. VI, n. 469 del 2022 cit.)” (Cons. St., Sez. VI, 9 agosto 2022, n. 7024).
Inoltre, l’intervento di chiusura del balcone è stato realizzato in un’area sottoposta a vincoli di tutela paesaggistica ai sensi del Decreto Legislativo numero 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) e richiede quindi, oltre al Permesso di Costruire, anche l’autorizzazione paesaggistica semplificata prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) numero 31/2017, che tra gli interventi soggetti a preventiva autorizzazione include anche quelli di “realizzazione, modifica o chiusura di balconi o terrazze”.
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Marco Bianchi è un rinomato analista e scrittore nel campo immobiliare, con una profonda conoscenza del mercato italiano. Laureato in Economia Immobiliare all’Università di Bologna, vanta oltre vent’anni di esperienza, durante i quali ha collaborato con prestigiose agenzie immobiliari, offrendo strategie d’investimento vincenti. Autore di articoli influenti e di un libro sull’investimento immobiliare, Marco si dedica a condividere la sua esperta visione del settore, fornendo analisi dettagliate e consigli pratici ai nostri lettori.