Molti umani considerano i cani i loro migliori amici. Ma vi siete mai chiesti cosa accadrebbe al vostro cane se noi scomparissimo improvvisamente? I cani domestici sarebbero in grado di vivere senza l’influenza e le cure umane?
Che cosa è un cane?
I cani detengono il titolo di specie domestica più riuscita sulla Terra. Per millenni, si sono evoluti sotto la nostra attenta supervisione. Più recentemente, l’allevamento selettivo ha generato una diversità indotta dall’uomo, dando origine a razze uniche che vanno dal possente mastino al minuscolo chihuahua.
La ricerca dell’umano per trovare il compagno canino ideale ha portato alla creazione di oltre 400 razze, ognuna con una combinazione unica di caratteristiche fisiche e comportamentali. In origine, i cani venivano allevati principalmente per svolgere funzioni utili, come la guardia del bestiame, la caccia e la protezione. Questa pratica si è consolidata solo negli ultimi 200 anni.
Secondo alcuni esperti, il ruolo di animale da compagnia è solo un altro tipo di lavoro per cui gli umani hanno selezionato i cani, ponendo maggiore enfasi sull’aspetto estetico. Gli allevatori svolgono un ruolo essenziale in questo processo, scegliendo deliberatamente le caratteristiche desiderabili e influenzando così l’evoluzione futura delle razze.
Siamo buoni per i cani?
Sappiamo che alcune caratteristiche che ci piacciono hanno gravi ripercussioni sulla salute e il benessere dell’animale. Ad esempio, i cani dal muso schiacciato hanno difficoltà a respirare a causa delle vie nasali strette e delle vie aeree corte. Questa mancanza di aria può causare crisi asmatiche. Questi cani sono anche soggetti a problemi di pelle, occhi e denti più frequenti rispetto ai cani dal muso lungo.
Molti cani moderni necessitano di interventi medici per riprodursi. Ad esempio, i bouledogues francesi e i chihuahua spesso devono sottoporsi a cesarei per partorire, poiché la testa dei cuccioli è molto grande rispetto alla larghezza del bacino della madre. Questa dipendenza dalla chirurgia per la riproduzione evidenzia l’impatto profondo dell’allevamento intensivo sui cani.
Se i cani domestici traggono tutti benefici dall’essere parte di una famiglia umana, alcuni conducono una vita molto isolata e controllata, con una possibilità ridotta di fare scelte – un elemento cruciale per la loro felicità.
I cani senza umani
Immaginate ora un mondo in cui i cani non sarebbero più soggetti alla selezione e alle cura degli umani. Le conseguenze immediate sarebbero evidenti. Le razze i cui bisogni fondamentali, come cibo, riparo e assistenza sanitaria, dipendono in gran parte da noi avrebbero difficoltà ad adattarsi e molte di esse soccomberebbero alle dure realtà di una vita senza supporto umano.
Tuttavia, ciò influenzerebbe probabilmente solo meno del 20% dei cani (corrispondente a quelli che vivono nelle nostre case). La maggior parte dei cani nel mondo vive in libertà, fenomeno molto comune in Europa, Africa e Asia.
Anche se questi cani non sono domesticati nel senso tradizionale, coesistono con gli umani. Pertanto, la loro sopravvivenza dipende quasi esclusivamente dalle risorse prodotte dall’uomo, come le discariche e le donazioni di cibo. In assenza degli umani, la selezione naturale entrerebbe rapidamente in gioco. I cani privi di caratteristiche essenziali per la loro sopravvivenza, come l’adattabilità, la capacità di caccia, la resistenza alle malattie, l’istinto parentale e la sociabilità, declinerebbero progressivamente.
I cani estremamente grandi o piccoli sarebbero svantaggiati, poiché la taglia influisce sui bisogni calorici, sulla regolazione della temperatura corporea in base all’ambiente e sulla vulnerabilità ai predatori.
Strategie comportamentali limitate, come essere troppo timorosi per esplorare nuovi luoghi, sarebbero anch’esse dannose. E anche se i cani sterilizzati potrebbero presentare caratteristiche vantaggiose per la sopravvivenza, non potrebbero trasmettere i loro geni alle generazioni future.
Fine delle razze ibride
Alla fine, emergerebbe un nuovo tipo di cane, determinato dalla salute e dal comportamento piuttosto che dai gusti umani. I cani non si accoppiano solo con individui della loro stessa razza e possono scegliere partner molto diversi quando se ne presenta l’occasione. Con il tempo, le razze distinte si attenuerebbero, e gli accoppiamenti spontanei porterebbero a un aspetto simile al “cane da villaggio”, paragonabile ai “cani da accampamento” delle comunità autoctone isolate in Australia e ai cani che si vedono nel Sud-est asiatico.
Questi cani sono generalmente di taglia media, con una morfologia equilibrata, un mantello corto di diversi colori e orecchie e coda dritte. Tuttavia, possono emergere variazioni regionali, come un mantello più folto, a causa di fattori come il clima.
Con il tempo, i cani ritornerebbero a uno stile di vita da canide selvatico. Adottarebbero probabilmente comportamenti sociali e alimentari simili ai loro cugini selvatici attuali, come il dingo australiano. Potrebbero vivere in piccoli gruppi familiari su territori definiti, tornare a una stagione di riproduzione annuale, praticare una caccia sociale e ricevere cure parentali attente, in particolare da parte dei padri.
La transizione sarebbe più agevole per alcune razze, in particolare i cani da pastore e quelli che già vivono in modo autonomo nei villaggi o nella natura.
Che cos’è una buona vita per un cane
Nel loro libro “Il richiamo della foresta”, Jessica Pierce e Marc Bekoff esplorano l’idea di preparare i nostri cani a un futuro senza umani. Incoraggiano a dare loro maggiore autonomia e, di conseguenza, maggiore felicità. Questo può significare lasciarli scegliere semplicemente la direzione della loro passeggiata o prendersi il tempo necessario quando annusano un albero.
Riflettendo su un eventuale futuro senza umani, sorge una domanda: le nostre azioni nei confronti dei cani sono sostenibili, nell loro interesse e conformi alla loro natura? O piuttosto rispondono ai nostri desideri?
Considerando come i cani potrebbero vivere senza di noi, potremmo forse trovare modi per migliorare la loro vita con noi.
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