Boom dell’Oro: Bilancio di Bankitalia Gonfio, Euro in Difficoltà

L’incremento del valore delle riserve d’oro presso la Banca d’Italia e l’euro, una valuta non garantita da beni materiali.

Il boom dell’oro continua senza sosta, raggiungendo ieri quasi i 3.800 dollari l’oncia, stabilendo un nuovo record storico. Il prezzo dell’oro sta aumentando per vari motivi. In primo luogo, le banche centrali stanno riducendo i tassi di interesse a livello globale, come dimostra il recente taglio operato dalla Federal Reserve. Inoltre, l’inflazione non mostra segni di diminuzione, anzi è tornata a crescere negli ultimi mesi, aggravata dalle tensioni commerciali e dai dazi imposti dagli Stati Uniti. In Europa, il costo dell’energia rimane elevato, accentuato dalla precedente dipendenza europea dal gas russo fino allo scoppio della guerra in Ucraina nel 2022.

Crescita dell’oro in un contesto di debiti e crisi fiscali

Un altro fattore critico sono i debiti, che continuano ad aumentare globalmente. I governi, invece di trasmettere segnali di consolidamento fiscale, sembrano muoversi nella direzione opposta. L’amministrazione di Trump ha operato tagli fiscali deficitari, mentre l’Europa ha incrementato la spesa pubblica senza adeguate coperture finanziarie. Questa situazione suggerisce che il boom dell’oro riflette una profonda preoccupazione dei mercati verso un sistema finanziario orientato al dollaro, percepito come sempre meno sostenibile.

Il “safe asset” o bene rifugio per eccellenza offre un’alternativa affidabile al dollaro, che è stato una unità di conto e una riserva di valore per secoli. L’aumento vertiginoso del prezzo dell’oro è un chiaro segnale di instabilità. Tuttavia, ci sono entità che possono trarne vantaggio, come la Banca d’Italia, che possiede le terze più grandi riserve auree sovrane al mondo, dopo Stati Uniti e Germania, con 2.451,8 tonnellate registrate in bilancio, di cui 1061,5 tonnellate (43,29%) custodite nei forzieri della Federal Reserve, 149,3 tonnellate (6,09%) in Svizzera e 141,2 tonnellate (5,76%) nel Regno Unito.

La rivalutazione delle riserve auree italiane

Perché la maggior parte delle riserve auree italiane è conservata all’estero? Le ragioni sono di natura storica e legate alla sicurezza, emergendo nel dopoguerra con il timore di un’invasione sovietica del territorio nazionale che avrebbe potuto portare alla perdita dei lingotti. Così come la Germania, anche l’Italia ha scelto di trasferire parte delle sue riserve all’estero.

Coloro che ritengono queste preoccupazioni eccessive dovrebbero ricordare che durante l’occupazione del 1943, i nazisti trasferirono in Germania 120 tonnellate di oro italiano, di cui 25 tonnellate non furono mai restituite. L’invasione dell’Ucraina ha riportato alla luce il rischio geopolitico, a lungo considerato trascurabile.

Il boom dell’oro ha indubbiamente beneficiato il bilancio di Bankitalia. Le riserve, valutate a fine 2024 a circa 198 miliardi di euro, oggi potrebbero raggiungere quasi i 253 miliardi, con un incremento di 55 miliardi, rafforzando ufficialmente la solidità finanziaria sia dell’istituto che dell’intero sistema bancario italiano. Sebbene Palazzo Koch non emetta più moneta, il suo patrimonio attivo è un indicatore chiave della robustezza del sistema bancario italiano.

Dopo il 1945, la Banca d’Italia ha deciso di investire parte dei propri attivi in lingotti d’oro, affermandosi come un istituto finanziariamente solido. Uscita dalla guerra con solo 20 tonnellate nelle sue riserve, nel 1960 ne aveva già accumulate 1.400.

La Banca ha continuato ad accumulare oro anche durante gli anni di inflazione elevata, quando la lira subì una grave perdita di credibilità sui mercati internazionali.

L’anomalia della BCE

Sebbene il boom dell’oro possa essere motivo di gioia per molti istituti, non lo è per la Banca Centrale Europea, che detiene direttamente solo 506,52 tonnellate d’oro. Anche se le riserve auree di tutte le 20 banche centrali dell’Eurosistema ammontano complessivamente a circa 10.260 tonnellate, superando le 8.133 tonnellate della Fed, questa è solo una teoria. Non vi è certezza che, in caso di necessità, le banche centrali nazionali cederebbero parte delle loro riserve a Francoforte.

Immaginate la Bundesbank rinunciare all’oro che ha faticosamente rimpatriato dagli Stati Uniti negli ultimi anni? Gli oro funge da garanzia non ufficiale per il debito pubblico, il che rappresenta un problema per l’euro. Mentre la Cina sta accumulando riserve auree per garantire il suo yuan, l’euro resta l’unica grande valuta mondiale non supportata da beni tangibili, rappresentando solo un quinto delle riserve valutarie globali contro il 58% del dollaro.

L’euro in un’epoca di boom dell’oro senza garanzie

Per la BCE, acquistare oro nel pieno di un boom potrebbe essere una mossa astuta. In questo modo, potrebbe inviare un messaggio forte al mondo: “siamo pronti a garantire l’euro con beni fisici, vogliamo renderlo una valuta forte a livello globale”. Invece di basarsi solo su attività finanziarie con rischio di controparte, il bilancio di Francoforte farebbe un salto di qualità, posizionando l’euro come un serio concorrente del dollaro. Con quali risorse finanziare queste acquisizioni? Ci sono i rimborsi dei bond governativi e aziendali in scadenza, per un totale di circa 400 miliardi di euro nei primi otto mesi dell’anno, attraverso il Quantitative Easing. Meno crediti su carta e più beni tangibili.

giuseppe.timpone@investireoggi.it 

 

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