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La Francia ha visto cambiare il proprio primo ministro per la quinta volta in meno di due anni. Il presidente Emmanuel Macron sta sostituendo i leader con una facilità che stupisce. A Parigi, il lessico politico sta ora attingendo abbondantemente da quello italiano, con l’introduzione di termini come “governo di scopo”, focalizzato esclusivamente sull’adozione del nuovo bilancio. Successivamente, si deciderà il da farsi. Le somiglianze con la crisi italiana del 2011 sono evidenti, quando anche allora i mercati persero fiducia nel debito pubblico in un contesto di deterioramento politico.
Le lezioni della crisi italiana per Parigi
Nonostante ciò, in Italia non si verificò una paralisi istituzionale. Dopo le dimissioni di Silvio Berlusconi, i partiti pagarono un prezzo elevato per aver rapidamente formato un governo tecnico.
In Francia, invece, sembra mancare la volontà di trovare un accordo con gli oppositori politici per facilitare l’approvazione del nuovo bilancio. La crisi italiana del 2011 potrebbe quindi offrire agli amici francesi alcuni spunti cruciali per evitare di ripetere errori cruciali.
I conti pubblici francesi sono in una situazione disastrosa. Sono necessari tagli alla spesa e/o aumenti delle tasse, insieme a riforme che possano stimolare la crescita economica nel medio e lungo termine. Gli attori politici, come evidenziato dall’ex primo ministro François Bayrou nel suo discorso di sfiducia, possono rovesciare un governo, ma non possono ignorare la realtà. Dopo il suo governo, i problemi rimangono irrisolti. La destra rifiuta aumenti delle tasse, mentre la sinistra si oppone ai tagli alla spesa.
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La tecnocrazia non è la soluzione
Sembra che l’irresponsabilità dei partiti francesi renda necessaria una soluzione tecnocratica, desiderata da tempo da Macron.
Tuttavia, l’esperienza italiana dimostra l’opposto. Con Mario Monti, lo spread non diminuì, ma raggiunse picchi mai visti nell’era dell’euro, costringendo Mario Draghi e la Banca Centrale Europea a intervenire con il celebre “whatever it takes” per placare la crisi. I mercati si resero presto conto che le misure impopolari necessitano del sostegno dei partiti.
È vero che nessun politico propone misure di austerità fiscale se non costretto dalle circostanze, per il rischio di non essere rieletto. Tuttavia, è anche vero che solo la politica può raggiungere obiettivi che i tecnici non eletti non possono conseguire. Il governo di Giorgia Meloni ha guadagnato popolarità sui mercati finanziari. Dalla sua nascita, la borsa italiana ha raddoppiato il suo valore e lo spread è sceso ai minimi degli ultimi 15 anni, equiparandosi a quello francese. Risultati mai raggiunti nemmeno con Draghi. Come è stato possibile? La risposta sta nella politica.
I successi del governo Meloni sono politici
Il centro-destra è riuscito a ridurre il deficit dal 8,1% ereditato nel 2022 al 3,4% nel 2024 grazie a decisioni comprese dal suo elettorato. Se le stesse decisioni fossero state prese dai tecnici, probabilmente non sarebbero state accettate. Non è questione di pregiudizi, ma di fatto che la politica trascende la mera contabilità. L’elettore considera l’insieme delle misure proposte. Se un governo di destra o di sinistra richiede un sacrificio, offre in cambio un pacchetto di soluzioni da valutare nel loro complesso.
I tecnocrati, paradossalmente, tendono a presentare le misure una per una, senza mostrare benefici e costi in una visione d’insieme.
Per esempio, un cittadino potrebbe accettare di andare in pensione più tardi se, in cambio, riceve maggiore protezione sul lavoro e un potenziamento dell’assistenza sociale, o se paga meno tasse e gode di più libertà imprenditoriale. La crisi italiana si è protratta ben oltre il 2011 a causa di questa mancata comprensione. Fino al 2022, la maggior parte dei partiti riteneva che la tecnocrazia fosse preferibile ai governi politici. In Francia, stanno facendo lo stesso errore all’Eliseo. E non si può aspettarsi diversamente da un presidente che è figlio della tecnocrazia applicata alla politica.
La crisi italiana rivela la supremazia della politica
La crisi del 2011 in Italia ci ha insegnato che i problemi non si risolvono evitando soluzioni politiche e sostituendole con riforme tecnocratiche. L’illusione di un’élite illuminata capace di costruire una società perfetta è alla radice dei problemi che affliggono le società europee oggi. I partiti, come rappresentanti di interessi di parte, incarnano l’imperfezione, che non possiamo mai eliminare dalla nostra vita quotidiana. Coloro che nella storia hanno tentato di farlo hanno solo causato immensi dolori.
giuseppe.timpone@investireoggi.it
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