L’Australia investe milioni in foreste che non esistono davvero

I progetti di rigenerazione forestale in Australia, pur avendo ottenuto milioni di crediti di carbonio, sembrano avere un impatto minimo sulla copertura forestale e sulla cattura del carbonio. Una recente ricerca condotta dall’Australian National University (ANU), in collaborazione con altre università australiane, ha evidenziato le falle di queste iniziative.

Analisi di una strategia controversa

Lo studio ha analizzato 182 progetti di rigenerazione indotta dall’uomo (HIR), una metodologia di compensazione del carbonio largamente adottata a livello globale. Questi progetti, situati principalmente nelle regioni aride del Queensland, del Nuovo Galles del Sud e dell’Australia Occidentale, non prevedono la piantumazione di alberi. Si basano sulla rigenerazione di foreste native attraverso la riduzione del numero di bestiame e animali selvatici, con l’obiettivo di stimolare la crescita di semi e germogli presenti nel suolo.

Tuttavia, i ricercatori hanno scoperto che la riduzione del pascolo non ha prodotto l’effetto sperato sulla copertura vegetativa. Questo risultato contraddice decenni di studi scientifici, secondo cui il pascolo controllato non ha generalmente un impatto negativo significativo sulla copertura arborea in queste aree.

Risultati deludenti

Le aree accreditate, dove si presumeva si rigenerassero foreste uniformi, sono state esaminate per verificare eventuali incrementi della copertura arborea. I risultati mostrano che, nella maggior parte dei casi, la copertura forestale è rimasta invariata o addirittura diminuita. Circa l’80% dei progetti analizzati ha registrato cambiamenti negativi o trascurabili nel periodo di osservazione.

Inoltre, il guadagno marginale in termini di vegetazione e il basso impatto dei progetti HIR sulla rigenerazione forestale sollevano dubbi sulla loro capacità di sequestrare carbonio come promesso.

Problemi metodologici e implicazioni

Un aspetto critico di questi progetti è che la sequestrazione del carbonio viene modellata teoricamente e non misurata direttamente. I modelli assumono che l’intera area accreditata si rigeneri uniformemente, indipendentemente dalle condizioni reali del suolo e del clima.

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Secondo la dottoressa Megan Evans, dell’UNSW Canberra, i crediti di carbonio vengono assegnati sulla base dell’ipotesi che, entro 10-15 anni dall’inizio del progetto, l’intera area sarà ricoperta da foreste. Tuttavia, le osservazioni sul campo dimostrano che questa previsione è spesso irrealistica.

Conseguenze per il cambiamento climatico

L’emissione di crediti di carbonio per progetti che non raggiungono gli obiettivi prefissati può aggravare il cambiamento climatico. Tali crediti consentono infatti un aumento delle emissioni globali senza che vi sia una compensazione effettiva. Questo mette in discussione l’affidabilità dei sistemi di compensazione del carbonio come strumento di mitigazione climatica.

Prospettive e raccomandazioni

I risultati dello studio evidenziano i limiti delle compensazioni basate su progetti HIR, spesso incapaci di generare riduzioni reali e durature delle emissioni. È necessaria una revisione critica di queste strategie, accompagnata dall’adozione di misure più trasparenti e verificabili per affrontare la crisi climatica.

Per garantire che gli sforzi di riduzione delle emissioni siano concreti, è fondamentale che regolatori, ricercatori e decisori politici considerino attentamente i dati emersi. Solo attraverso un monitoraggio continuo e l’introduzione di politiche basate su evidenze scientifiche si potrà assicurare che le iniziative di riforestazione contribuiscano realmente alla lotta contro il cambiamento climatico.

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